Mi ero preparato, per me, per i miei cari, per miei figli, ad un futuro diverso, ad un’Italia diversa. A mia volta, sono figlio di una generazione che vide la seconda guerra mondiale, le sue macerie e la rinascita. Una rinascita conquistata con il lavoro, i sacrifici, l’impegno. Sono parole, queste, che sentiamo risuonare anche oggi. Ma qual è la differenza? La differenza è la palude etica e culturale in cui stiamo affondando. In una bella intervista che ospitiamo in questo numero, monsignor Vincenzo Rini dice “Viviamo un tempo di politica triste, nella quale chi governa diventa sempre più autoreferenziale: pensa alla propria conservazione e non al bene comune”. Forse è per questo che una classe politica divisa su tutto si è ricompattata nel salvare, per esempio, il deputato Marco Milanese, ex braccio destro del ministro Tremonti. Con un margine di sei voti, d’accordo. Con tanti mal di pancia nella Lega, d’accordo (a proposito, perché a Roma pare esaurirsi la baldanza guerriera che la Lega mostra altrove, anche qui a Cremona?). Ma questa classe politica si fa davvero casta nel tutelarsi e salvarsi. La prima Repubblica è caduta perché era diventato intollerabile il peso della corruzione e della concussione, in molta parte dedicate al finanziamento occulto dei partiti. Sembra che, nella Seconda, gli stessi meccanismi servano a finanziare i patrimoni personali: o sbaglio? Non ci serve certo un ritorno al passato, Dio ce ne scampi. Serve piuttosto un balzo etico e civile per costruire un futuro. Questo sì. Saremo capaci di tirarci fuori da questa melma? Saremo capaci di riappropriarci della dignità di popolo? Io ne sono certo.
Daniele Tamburini
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