venerdì, dicembre 30, 2011

Al peggio non c’è mai fine. Ma ce la faremo

È diventata un’espressione celebre piuttosto recentemente, quando la regina Elisabetta II d’Inghilterra la usò per definire un’annata particolarmente nefasta per la sua famiglia: “Annus horribilis”. Tra parentesi, si intitola così uno degli ultimi libri di Giorgio Bocca, il grande giornalista recentemente scomparso. Ma non userò questa espressione, no. Per un motivo puramente scaramantico: c’è un proverbio che recita “al peggio non c’è mai fine”. Certo che, forse non orribile, ma duro e drammatico lo è stato certamente, questo 2011 che domani ci lascia. La crisi mondiale ha martellato la nostra economia, le nostre produzioni, i nostri servizi, la nostra finanza pubblica, le nostre finanze private. Abbiamo subito manovre su manovre, ci siamo chiesti perché dovevano pagare i costi della crisi solo i soliti noti, perché non si cercasse di stanare, con serietà e rigore, chi non ha mai pagato? Domande – per ora – senza risposta. Abbiamo assistito alla messa in questione di realtà che sembravano rocce intoccabili: l’Europa, l’euro. Per quanto riguarda la scena istituzionale, le Province. Silvio Berlusconi, travolto da una crisi rispetto alla quale dava segnali di impotenza, ha perso la premiership. Le liti tra le forze politiche di maggioranza erano ormai all’ordine del giorno, c’era una frattura insanabile tra il capo del governo ed il ministro dell’economia – con tanto di minacce incrociate, neppure tanto velate. Abbiamo osservato le prime mosse del governo Monti, un governo “tecnico”, appeso ad alchimie parlamentari e sostenuto più dalla paura che dalla convinzione. La Lega si è sfilata e grida, come se avesse passato tutti questi anni all’opposizione. E cosa ha fatto, il governo “tecnico”? Interventi su tassazione, pensioni, eccetera. Ancora non sappiamo niente di preciso sulle – annunciate – misure per la crescita. Ci speriamo davvero. È stato l’anno dello strapotere delle agenzie di rating, dello spread, degli speculatori, e anche del picco della disoccupazione giovanile. È quasi imbarazzante, dire ai propri figli: studia, impegnati, lavora. Pare che lo strapotere dei furbi non abbia limiti, e a chi furbo non è, per convinzione etica o per caso, restano paure e incertezze. I giovani rimangono la speranza per la rinascita di questo paese, ora ancor di più dal momento che rifiutano l’informazione delle Tv e si sono impadroniti della rete. Come nel voto primaverile ai referendum e alle amministrative, eventi che hanno rilanciato la voglia di partecipazione, di far sentire la propria voce; hanno alimentato la speranza di cambiamento. Non solo la speranza: ma la precisa cognizione che, quando c’è da decidere consapevolmente del proprio futuro, la partecipazione politica non è morta, anzi. Forse lo è nelle varie buvette, transatlantici, corridoi dei passi perduti, anticamere dei ministeri, delle istituzioni ad ogni livello: non quando c’è da decidere della nostra Terra, della nostra acqua. E qui giungono altre dolenti note. Anche qui a Cremona, liti nella maggioranza di governo della città. Anche qui, una rottura ormai pare consumata tra Pdl e la Lega cremasca in Provincia. L’occasione, proprio l’acqua. Il Sindaco ed il Presidente della Provincia hanno perso il loro smalto iniziale e ormai, danno l’impressione di navigare a vista. Io, che vengo da una città di mare, faccio loro tanti auguri: non è facile navigare così. L’opposizione, in questo quadro, ha vita più facile. Certo, se non riproduce le mosse “romane” e dei dintorni: qualcuno ha ancora in mano la conta delle varie posizioni, o anime, o correnti che dir si voglia, del Pd? Io ho un po’ perso il filo. Punto. Accapo.
Chiudo con le parole del presidente Napolitano: “Quel che preoccupa è il seminare motivi di sterile conflittualità e di complessivo disorientamento in un Paese che ha invece bisogno di confermare e rafforzare la fiducia in se stesso”.
Auguri di un sereno 2012. Ce la faremo, a dispetto dell’anno bisesto, dei Maya, dello spread e de li mortacci loro.

Daniele Tamburini

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