È davvero finita un’epoca? L’annuncio delle dimissioni di Silvio Berlusconi, dopo che sarà approvata l’ulteriore manovra correttiva che ci chiede l’Europa, apre scenari di grande incertezza, almeno per quanto riguarda l’economia, ma una cosa è certa: così non si può andare avanti. La misura delle cose l’hanno data i mercati un paio di giorni fa: spread con i bund tedeschi diminuito e borsa in rialzo appena sono circolate le prime voci su una rinuncia del premier. Tonfo a piazza Affari e lo spread che vola, alla smentita. È così. Il “cerchio magico” in cui il Cavaliere è sembrato muoversi per anni pare volatilizzato. Certo che non è finito, è un uomo di grande potere, grandi risorse economiche e anche grande intuito politico, lo ha dimostrato in molte occasioni: ma è finita la fascinazione, è cessato l’incantamento in cui si è mosso per tanto tempo. Sono stati grandi picconatori, strano a dirsi, proprio quei mercati e quei movimenti finanziari che sono stati il suo mondo per anni. La finanza creativa era sì figlia di Tremonti, ma padre putativo ne era proprio Berlusconi. Ci si è messa la crisi mondiale, d’accordo, ma la solidità italiana, la ricchezza italiana – che sono un dato vero, nonostante la situazione pesantissima delle aziende, degli enti pubblici, dei privati cittadini – potevano reagire meglio. Crisi di credibilità ineluttabile, incontrollabile, si è detto. Ci sono stati altri momenti di forte crisi, anche politica ed istituzionale, pensiamo ai primi anni Novanta, ma i nostri politici (i Ciampi, gli Amato, i Barucci) andavano in Europa e nessuno sogghignava, nessuno si dava di gomito. Pensate: siamo arrivati ben al di sopra della quota 500 dello spread con i bund tedeschi, quando, agli inizi di settembre, si paventava la quota 400 come soglia del non ritorno, e nel 2008 correvano commenti allarmatissimi perché, a fine anno, tale quota era pari a 92. Attenzione: lo spread non è un numero, significa perdita di posti di lavoro, aziende che chiudono, banche in sofferenza, aumento delle tasse… È stata colpa solo di Berlusconi? Certamente no. Ma quando si comanda, ci si assumono onori ed oneri del comando, lo sappiamo. Un intero Paese, un intero sistema ha balbettato, stretto tra chi era ingessato in tanti impasse politici e gestionali di varia natura, e chi, purtroppo, ha cercato in tutti i modi di approfittare della situazione, forte del detto che nel torbido si pesca meglio. Ma l’Italia è capace dello scatto di orgoglio che invocano in tanti. Lo promuoverà Mario Monti, probabile prossimo premier, magari coadiuvato da Giuliano Amato? Monti è assai stimato, uomo colto, bocconiano, europeista doc, due volte commissario europeo, fautore del libero mercato, delle liberalizzazioni e del rigore dei conti pubblici. L’Europa è il suo orizzonte, senza “se” e senza “ma”. Lo ha pure dichiarato, "Di poteri forti non ne conosco. Tranne uno, l'Europa". Certo che dovremo avere tempo e modo di discutere, passata finalmente la nottata, del nuovo rapporto tra sovranità nazionale e scelte dettate dai mercati e dalla politica sopranazionale. Per adesso, speriamo di guadagnare nuovamente fiducia. Una fiducia che si incunei non solo nello spread, ma nelle coscienza di tanti onesti lavoratori che accetterebbero pure di stringere ancora la cinghia, di fare ancora sacrifici, ma, appunto, perché la nottata finalmente passi e si intraveda la luce dell’alba. Una cosa però la pretendiamo, pulizia: via nani, ballerine e ruffiani.
Daniele Tamburini
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