venerdì, novembre 25, 2011

Intervista al criminologo Ernesto Savona. UNA REAZIONE FOLLE, SPROPOSITATA

di Daniele Tamburini
Una storia di ordinaria follia. Ricordate: Charles Bukowski scrisse quei racconti in modo crudo e mirabile. Esplosioni di violenza, rabbia, e una grande tristezza di fondo: «Ero a terra, la fortuna m’aveva abbandonato un’altra volta […] ero troppo nervoso,[…] debole, stralunato; ero troppo depresso». E davvero, la vicenda dell’omicidio del signor Gremmi pare quasi letteraria, quasi scaturita da un autore dalla penna disperata e cinica. Balza subito agli occhi una sproporzione gigantesca: l’offesa (presunta), il torto (presunto) ricevuti, che scatenano la furia omicida. Eppure … vi ricordate di Michael Douglas, interprete straordinario del film “Un giorno di ordinaria follia”? preso dai suoi problemi quotidiani, familiari, di lavoro, esasperato dal traffico e dai mille intoppi che ogni giorno incontriamo, il protagonista del film si trasforma in un violento giustiziere, seminando terrore e morte. Fantascienza, penserà qualcuno. Eppure è accaduto, in un certo senso. Abbiamo chiesto un'analisi della vicenda a Ernesto Savona, ordinario di criminologia nell'Università Cattolica di Milano e direttore di Transcrime (Centro inter-universitario di ricerca sulla criminalità transnazionale dell'Università di Trento e dell'Università Cattolica di Milano). 
Quanto accaduto ci pone di fronte a una riflessione sulla violenza, che sembra sempre più dilagante... 
«In realtà al giorno d'oggi c'è meno violenza rispetto a un tempo. I delitti violenti vanno diminuendo nel corso degli anni, salvo concentrarsi in alcune fasce d'età, come i giovani, o in certi paesi. La verità è che oggi i mezzi di comunicazione sono talmente numerosi da creare un effetto moltiplicatore. Questo, unito al fatto che oggi siamo più vulnerabili, aumenta la percezione che si ha di vicende di questo tipo. Accade che stiamo diventando più civili ed educati; di conseguenza il ricorso alla violenza diventa residuale». 
Che dire della causa che ha scatenato la violenza, in questo caso? 
«La macchina è sempre stato un oggetto di grande valore simbolico, specialmente per gli uomini, che considerano l'auto spesso più importante della propria moglie. Dunque offendere una persona attaccandone l'auto porta a una reazione forte. Così come è accaduto nel caso specifico: la vittima ha aggredito l'auto dell'omicida, scatenandone la reazione. Basti vedere quanti Suv si vedono in giro ultimamente, acquistati non per necessità di raggiungere luoghi impervi, ma perché questo tipo di auto da un senso di potenza e sicurezza. Sono auto che si mettono in mostra tanto che di solito sono sempre parcheggiate in posti in cui sono ben visibili. Dunque, nel caso in oggetto, la persona si è sentita provocata nel proprio io, e ha reagito nel modo peggiore». 
In casi come questo è palese la sproporzione tra il motivo del contendere e la tragica conseguenza. Da cosa dipendono reazioni di questo tipo? 
«Per capire questi gesti bisogna inquadrare la persona, capire se esiste una certa propensione alla violenza e conoscere il background culturale in cui la persona vive, o se esistono dei precedenti analoghi. In casi come questo non esiste mai una proporzionalità tra causa ed effetto. L'omicida ha reagito in maniera eccessiva a una provocazione che lui ha vissuto come qualcosa di grave. E' una reazione "da manuale" da parte di chi si trova ferito nel proprio io: si cerca di recuperare la propria dignità da parte di chi l'ha lesa.>>
È possibile che, nella reazione dell’omicida, si possa ravvisare anche l’assenza di rispetto, di pietas verso chi è in situazione di debolezza? 
«Non in questo caso, visto che la discussione è nata tra due persone entrambe anziane, e quindi categoria debole. Gli avvocati punteranno su una reazione emotiva preterintenzionale. Tuttavia un gesto di questo tipo avrà probabilmente conseguenze penali notevoli, anche a causa dell'aggravante dei futili motivi». 
A proposito di futili motivi, quali anticorpi sociali possiamo attivare per prevenire vicende di questo tipo? 
«La prevenzione reale è più importante della condanna del colpevole. E l'unica prevenzione la può attuare solo la potenziale vittima, cercando di evitare di trovarsi in simili situazioni. Questo vale soprattutto quando si è in strada, in caso di incidente stradale o comunque in situazioni in cui si potrebbe arrivare a discutere; in casi come questi non si conosce la persona con cui ci si confronta, che potrebbe essere violenta. Per questo motivo, in un situazione di incertezza, è sempre meglio evitare l'alterco. Importante è cercare di capire la personalità di chi ci sta di fronte, e reagire con prudenza. Per questi motivi risulta particolarmente importante educare alla mentalità non violenta: se non c'è modo di recuperare la persona violenta, che è una mina vagante pronta ad esplodere, bisogna educare le potenziali vittime alla prudenza e ad evitare le provocazioni».

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