Intervista a Enzo Favoino, ricercatore della Scuola Agraria del Parco
di Monza e presidente del Comitato scientifico Zero Waste Europe»
«Seguendo le indicazioni europee, verranno meno i rifiuti da incenerire.
In pochi anni in Lombardia la produzione complessiva verrà dimezzata»
Continuare a puntare sull'incenerimento dei rifiuti è antieconomico. Lo
afferma, in maniera decisa, il professor Enzo Favoino, ricercatore della Scuola
Agraria del Parco di Monza e presidente del Comitato scientifico di Zero Waste
Europe. «Guardando alle strategie della Lombardia e dell'Europa, appare chiaro
che la direzione verso cui procedere è tutt'altra - spiega il ricercatore -.
Prendiamo la Lombardia: già da diversi anni ci si è resi conto della grande
capacità di incenerimento della regione, pari a 2,5 milioni di tonnellate. Nel
frattempo, però, nel Piano regionale rifiuti si sono introdotti degli obiettivi,
che prevedono di arrivare al 67% di raccolta differenziata e al -9% di
produzione di rifiuti per abitante. Questo significa che di qui a pochi anni la
produzione complessiva di rifiuti sarà di 1,2 milioni di tonnellate. Questo ha
portato a una riflessione sull'opportunità di dismettere gli impianti di
incenerimento». E l'Europa? «Nell'ambito della revisione delle politiche dei
rifiuti, in corso in questi mesi, sono trapelate le prime proposte della
commissione europea, che propone un pacchetto sull'economia circolare. Ci si è
accorti che siccome ci sono milioni di persone nel mondo che stanno acquisendo
livelli di sviluppo pari al nostro, stiamo andando verso una crisi da scarsità
delle risorse. Per garantire la nostra autosufficienza l'Europa ha stabilito che
è necessario riciclare e riutilizzare il più possibile, abbandonando
l'obsolescenza programmata degli elettrodomestici. Bisogna costruire beni più
durevoli. Veniamo quindi alla proposta europea per i prossimi 10-15 anni:
innanzitutto il riciclaggio del 70% dei rifiuti, al netto degli scarti dei
processi di riciclaggio; questo significa almeno un 75-80% della differenziata.
In secondo luogo si deve fare il 30% di riduzione dello spreco di scarto
alimentare. Infine l'obbligo di raccogliere l'organico differenziato in tutta
l'Europa. Su quest'ultimo punto, peraltro, buona parte della Lombardia si è già
attrezzata con successo, mentre a Cremona c'è un ritardo in questo senso: la
differenziata dell'organico si fa infatti solo in alcuni quartieri della città.
A questo punto le prudenze che finora ci sono state a Cremona non hanno più
senso». A fronte di questo, che senso ha portare avanti l'attività
dell'inceneritore a Cremona? «Oggi chi investe in incenerimento incorre in grave
rischio finanziario: questo vale per Lgh ma anche per gli enti locali che ne
sono soci. All'estero chi possiede inceneritori sta cercando di vendere, con
scarso successo: è il caso del colosso tedesco Eon, che non riesce a vendere il
suo comparto ambiente perché ha ben 17 inceneritori, che ormai sono inutili.
Questo perché investire su simili impianti risulta antieconomico. Chi ha vissuto
l'era dell'incenerimento, in Italia (Lombardia ed Emilia Romagna), deve capire
che bisogna abbandonarlo». Però c'è una moratoria sui nuovi inceneritori che
prevede che le Regioni con sovracapacità di incenerimento possono gestire i
rifiuti che non hanno tali capacità... «Vero, ma vi sono delle questioni da
tener presenti. Innanzitutto se qualcuno vuole ricevere i rifiuti da altre
Regioni deve dichiararlo esplicitamente. Inoltre bisogna ricordare che anche le
altre Regioni dovranno seguire le indicazioni europee, riducendo la produzione
di rifiuti e incrementando il riciclo. Anche i rifiuti speciali verranno meno,
in quanto sono frazioni della separazione meccanica dei rifiuti urbani. Allo
stesso modo verrà meno il rifiuto industriale inceneribile, in quanto è
recuperabile con il riciclaggio. Questo significa che l'inceneritore è destinato
a diventare una scommessa a perdere».
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