domenica, giugno 22, 2014

«Chi investe in incenerimento incorre in grave rischio finanziario»

Intervista a Enzo Favoino, ricercatore della Scuola Agraria del Parco
di Monza e presidente del Comitato scientifico Zero Waste Europe»

«Seguendo le indicazioni europee, verranno meno i rifiuti da incenerire.
In pochi anni in Lombardia la produzione complessiva verrà dimezzata»

Continuare a puntare sull'incenerimento dei rifiuti è antieconomico. Lo afferma, in maniera decisa, il professor Enzo Favoino, ricercatore della Scuola Agraria del Parco di Monza e presidente del Comitato scientifico di Zero Waste Europe. «Guardando alle strategie della Lombardia e dell'Europa, appare chiaro che la direzione verso cui procedere è tutt'altra - spiega il ricercatore -. Prendiamo la Lombardia: già da diversi anni ci si è resi conto della grande capacità di incenerimento della regione, pari a 2,5 milioni di tonnellate. Nel frattempo, però, nel Piano regionale rifiuti si sono introdotti degli obiettivi, che prevedono di arrivare al 67% di raccolta differenziata e al -9% di produzione di rifiuti per abitante. Questo significa che di qui a pochi anni la produzione complessiva di rifiuti sarà di 1,2 milioni di tonnellate. Questo ha portato a una riflessione sull'opportunità di dismettere gli impianti di incenerimento». E l'Europa? «Nell'ambito della revisione delle politiche dei rifiuti, in corso in questi mesi, sono trapelate le prime proposte della commissione europea, che propone un pacchetto sull'economia circolare. Ci si è accorti che siccome ci sono milioni di persone nel mondo che stanno acquisendo livelli di sviluppo pari al nostro, stiamo andando verso una crisi da scarsità delle risorse. Per garantire la nostra autosufficienza l'Europa ha stabilito che è necessario riciclare e riutilizzare il più possibile, abbandonando l'obsolescenza programmata degli elettrodomestici. Bisogna costruire beni più durevoli. Veniamo quindi alla proposta europea per i prossimi 10-15 anni: innanzitutto il riciclaggio del 70% dei rifiuti, al netto degli scarti dei processi di riciclaggio; questo significa almeno un 75-80% della differenziata. In secondo luogo si deve fare il 30% di riduzione dello spreco di scarto alimentare. Infine l'obbligo di raccogliere l'organico differenziato in tutta l'Europa. Su quest'ultimo punto, peraltro, buona parte della Lombardia si è già attrezzata con successo, mentre a Cremona c'è un ritardo in questo senso: la differenziata dell'organico si fa infatti solo in alcuni quartieri della città. A questo punto le prudenze che finora ci sono state a Cremona non hanno più senso». A fronte di questo, che senso ha portare avanti l'attività dell'inceneritore a Cremona? «Oggi chi investe in incenerimento incorre in grave rischio finanziario: questo vale per Lgh ma anche per gli enti locali che ne sono soci. All'estero chi possiede inceneritori sta cercando di vendere, con scarso successo: è il caso del colosso tedesco Eon, che non riesce a vendere il suo comparto ambiente perché ha ben 17 inceneritori, che ormai sono inutili. Questo perché investire su simili impianti risulta antieconomico. Chi ha vissuto l'era dell'incenerimento, in Italia (Lombardia ed Emilia Romagna), deve capire che bisogna abbandonarlo». Però c'è una moratoria sui nuovi inceneritori che prevede che le Regioni con sovracapacità di incenerimento possono gestire i rifiuti che non hanno tali capacità... «Vero, ma vi sono delle questioni da tener presenti. Innanzitutto se qualcuno vuole ricevere i rifiuti da altre Regioni deve dichiararlo esplicitamente. Inoltre bisogna ricordare che anche le altre Regioni dovranno seguire le indicazioni europee, riducendo la produzione di rifiuti e incrementando il riciclo. Anche i rifiuti speciali verranno meno, in quanto sono frazioni della separazione meccanica dei rifiuti urbani. Allo stesso modo verrà meno il rifiuto industriale inceneribile, in quanto è recuperabile con il riciclaggio. Questo significa che l'inceneritore è destinato a diventare una scommessa a perdere».

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