sabato, marzo 18, 2017

Signori si nasce


Il particolare frizzore dell’aria che ci accoglie ormai al mattino porta un messaggio vitale, che si rinnova ogni anno ma che stupisce sempre: la natura si sta risvegliando. Il sole man mano scalda i terreni resi brulli dall’inverno, e che dire del verde dell’erba nuova? Nostro malgrado, vengono alla mente i poeti e le poetesse che questo Paese ha saputo esprimere: dall’immenso Leopardi, con la sua donzelletta che reca in mano un mazzolino di rose e di viole (e pazienza se non fioriscono nella stessa stagione, che diamine...), alla meno conosciuta Ada Negri: “Anche quest’anno andrai per violette/lungo le prode, nel febbraio acerbo …”. Pare quasi che molta della felicità possibile stia nel poter godere di questi spettacoli, di queste sensazioni, di questi colori. Che cosa ci rimane, infine? La vista di un tramonto, l’acqua che sciaborda lungo le rive di un lago, il fiume placido che porta con sé storie antiche e nuove speranze. La bellezza, quella che non siamo ancora riusciti, sciaguratamente, a sfigurare. Bellezza della natura e bellezza umana non sempre, anche in passato, hanno ben convissuto: la prima tende, a volte, a sopraffare l’altra, la seconda a ingiuriare la prima. Per non parlare di quando gli uomini sbriciolano, calpestano, distruggono la bellezza che loro stessi hanno creato. Tutte queste parole, vi chiederete, a che fine? Bene, per non scrivere cose che rischierebbero l’indecente: nei termini, ma ancor più nella sostanza. Ovvio a cosa mi sto riferendo, vero? Patti, quando non patteggiamenti, salvataggi incrociati, soccorsi reciproci, a difesa di una casta sempre più casta: quello che valeva ieri oggi non vale più perché così conviene. Tutto sembra immergersi in un mare di bitume nero e appiccicoso. Attenzione, ho scritto “bitume”, perché sono un signore. Signori si nasce, diceva Totò, e io lo nacqui, modestamente!

sabato, febbraio 25, 2017

Scissione sì, scissione no... la terra dei cachi


Alzi la mano chi non ne può più della vicenda Pd: scissione sì, scissione no, fredda, calda, tiepida; e poi, il toto nomi di chi va, chi resta, chi forse; e, tra chi resta, in che modo resta: convinto, più persuaso che convinto, nicchiante, in posizione aventiniana… e poi, le tre candidature tre a segretario. Intanto, magari la barca andasse! La situazione è in stallo, ad essere ottimisti, nonostante che i media mainstreaming si affannino a far passare come gran successo un aumento del Pil, magari, dello 0,1. Ci sono politici che, a sentirli, sembra stiano sempre da un’altra parte, rispetto ai problemi del Paese. Non è la prima volta che lo diciamo, ma loro confermano sempre di più questa nostra impressione. Parlano dei gravissimi ritardi produttivi del Paese, dello sfilacciamento del tessuto sociale, della disoccupazione enorme, del territorio che va a pezzi, e sembra che siano sempre stati in una bocciofila, ancorché al governo o in Parlamento. Dove eravate? Cosa avete fatto per contrastare tutto ciò? Cosicché l’affaire Pd, ma anche l’affaire “sinistra” – segmenti, partitini, gruppuscoli – o l’affaire stadio di Roma, sembrano congegnati ad arte per spostare l’attenzione su altro. Tornando al Pd, dico la mia: il problema è Renzi e la sua idea di partito. Un difetto di struttura: il partito dei gazebo e delle primarie portava in sé l'embrione del partito personale del leader, e l’unico che abbia il coraggio di dirlo mi pare che sia D’Alema, il quale, forse, a questo punto può permettersi di dire ciò che pensa. Altri, no: sono sotto scacco, tenuti per la giacchetta o che so io. Come si spiega, altrimenti, un comportamento a giravolte, peggio di un valzer mal danzato, di un Emiliano? O le eterne indecisioni di un Cuperlo? O il silenzio di altri e altre? Con questo, non voglio dire né che scissione dovrebbe esserci, né che il Pd dovrebbe stare unito: voglio solo dire che debbono sbrigarsi, fare i loro conti, chiuderli o riaprirli altrove, ma sbrigatevi, che non se ne può più.

sabato, febbraio 04, 2017

Ci vorrebbe, invece, la Politica...


Ci risiamo con il teatrino della politica, oggi fatto anche da esternazioni tramite sms e whatsapp. Di per sé, un teatrino è un teatro piccolo, uno di quei luoghi che hanno contribuito a costruire la cultura italiana, quelli che scopri, a volte, girando per piccoli paesi o in città di provincia, e che sono veri e propri gioielli. Il termine, quindi, non si addice proprio alla politica italiana. Non parliamo, quindi, di “teatrino” della politica, bensì di una serie di comportamenti, come dire, inusitati e anche un po’ folli, senza offendere alcuna nave dei folli. C’è un giovane politico arrembante del Pd, anche se un po’ scorbacchiato, che ha fatto cadere due governi Pd, ha perso sonoramente un referendum costituzionale e che ha portato avanti a spada tratta una riforma della legge elettorale, che la Consulta ha bocciato in buona parte per incostituzionalità. C’è una sindaca circondata, professionalmente e politicamente, da persone talmente premurose che, forse, una di queste l’ha resa beneficiaria di una assicurazione sulla vita. Ci sono “grandi vecchi” che dovrebbero limitarsi a dire parole di saggezza e di equanimità, invece mettono pesantemente i piedi nel piatto del dibattito politico, contribuendo non poco ad aumentare la confusione. Una cosa è certa: per dire parole di saggezza, bisogna essere saggi… Mentre tutto questo accade, sembra che la situazione economica sia sotto vetro, nel senso che tutti percepiamo la fatica, l’arrancare, i pericoli, ma pare che non se ne parli più. Affiorano ogni tanto segnali contro l’euro. Io non sono un economista, quindi non riesco a valutare bene: sicuramente, molte delle posizioni critiche nei confronti della moneta unica sono più che condivisibili. Però poi penso che non sarebbe molto prudente affidarsi totalmente agli economisti. Ricordate i Chicago boys, i rampantissimi alfieri del neloliberismo spinto? Ricordate il disastro sociale e politico che hanno portato le loro teorie in molti Paesi. Attenti a fidarsi della scientificità dell'economia. Al solito, ci vorrebbe la politica, ci vorrebbero politici capaci... ne vedete, voi, in giro?

sabato, gennaio 21, 2017

Altro che legge elettorale...


Sembrava che il governo Gentiloni servisse solo per fare la nuova legge elettorale, perché tutti volevano andare subito a votare. Questo percorso adesso non pare così certo. Il voto in primavera? Sembra che Renzi non abbia più così tanta fretta. Così pure il Movimento 5 Stelle che voleva andare subito al voto, mentre adesso aspetta il parere della Consulta sull'Italicum. Cosa attenderci? Quale legge sarebbe preferibile? L'ubriacatura per il maggioritario che ha percorso gli ultimi decenni non ha portato né stabilità né certezze. E' inutile, l'Italia non è Paese da bipolarismo. E allora, io dico: torniamo al proporzionale,magari con una oculata soglia di sbarramento.
Detto questo, questi discorsi sembrano davvero lontani dalla realtà, tanto più oggi che assistiamo all'immenso dolore delle popolazioni che hanno subìto terremoto e distruzioni, che hanno stretto i denti per resistere accanto alle loro case, alle loro radici, ai loro animali, e che ora appaiono stremati e forse vinti da altre scosse, dal clima terribile, da soccorsi per certi versi eroici e per altri colpevolmente in ritardo e insufficienti. Ma è il solito discorso: manchiamo in prevenzione. Allora, altro che legge elettorale, verrebbe da dire...

sabato, gennaio 14, 2017

La democrazia ridotta a un “like”


l’Italia è divisa tra chi legge e chi no, dice l’Istat. Ma questo dato va letto insieme ad un altro: la mole di libri stampata nel nostro Paese è davvero impressionante. Ognuno, pare, si sente in dovere di scrivere un libro. Forse è quel detto, credo anglosassone, per cui, nella vita, bisognerebbe fare un figlio, piantare un albero e scrivere un libro? Il fatto è che molti milioni delle copie stampate dei vari testi non verranno mai letti. Quindi, una overdose di carta stampata rispetto ad una domanda piuttosto scarsa. Il fatto è che leggere è davvero importante e non tanto per “farsi una cultura”, obiettivo di per sé assai encomiabile, ma per capire il mondo che ci circonda. Alzi la mano, per esempio, chi ha compreso davvero dove stia la verità sulla questione del salvataggio delle banche. Abbiamo solo capito che ci vorrà una barca di denaro pubblico e che il denaro pubblico viene dalle nostre tasche, per definizione. Immaginate se ci fosse più consapevolezza diffusa, più conoscenza, più cultura su questi temi: forse, ci faremmo menare meno per il naso. Sempre l'Istat ci dice anche che gli italiani leggono poco e in molti non capiscono quello che leggono. In effetti frequentando Facebook qualche dubbio in merito ci viene, o no? La democrazia significa partecipazione e non si partecipa con un “like”su una notizia di cui abbiamo letto magari le prime tre righe, perché il modello di “lettura” a cui ci stiamo assuefando è questo, la democrazia ridotta a un like: mi piace non mi piace, bianco o nero, bello o brutto. Una lettura superficiale, veloce e tutto è uguale, un articolo serio o una barzelletta. Così come non si discute, non si approfondisce e direi che non si governa con un tweet. Ecco quindi che chi non è informato, chi non conosce, chi non esercita capacità critica viene manipolato: negli orientamenti ai consumi così come nella scelta politica. Ma non è sempre così: ci sono imprevisti, nelle vicende umane. Salti che scompaginano un percorso che sembrava segnato. Che cambiano orizzonte. Quindi, proviamo ad adottare, nel nostro
procedere, la mossa del cavallo. Cominciamo anche a guardare avanti da una prospettiva diversa e insolita, magari aiuta.

venerdì, gennaio 06, 2017

Il 2017 e un futuro da orientare


Dice la cabala che il 2017 nasca sotto buoni auspici. Si tratta infatti di un numero primo, la cui somma dei divisori, a loro volta sommati tra di loro, dà 11, numero che ha le caratteristiche della proattività e della resilienza. E di tanta proattività necessiteremmo: agire in anticipo per cercare di orientare il futuro, invece che esserne schiacciati. E anche di tanta resilienza: la capacità di adattarsi al cambiamento, di riorganizzare positivamente la propria vita. Credo che il Paese, in questi lunghi, interminabili anni di crisi, non ne abbia mancato, altrimenti non saremmo ancora qui.L’anno nuovo va quindi affrontato sapendo che niente sarà facile, ma che, ormai, abbiamo imparato ad essere proattivi e resilienti. La domanda è: né sarà capace chi ci governa? Avrà la capacità di quello scatto, di quel cambiamento di passo, di quella capacità di scartare e rimettersi in rotta, che hanno le navi sui mari procellosi e che possiede il passo del cavallo negli scacchi? Da tanto ce lo auguriamo, da tanto non lo vediamo. Il recentissimo governo Gentiloni è nato a seguito della rovinosa sconfitta subita da Matteo Renzi al referendum del 4 dicembre scorso. Forse il governo Renzi sarebbe potuto rimanere, se, come consigliavano in molti, l’ex premier avesse evitato di legare in maniera così stretta, tanto da rimanerne soffocato,l’esito referendario e la sua azione governativa. Diceva Piero Calamandrei, molto citato da Renzi stesso, ma della cui lezione non ha evidentemente fatto tesoro: “Quando si scrive la Costituzione i banchi del Governo devono restare vuoti”. Renzi ha giocato il tutto per tutto e ha perso, almeno per ora. E’ vero, il governo Gentiloni è una fotocopia di quello suo, ma, si sa, e lo diceva bene il grande sornione Giulio Andreotti, che il potere logora chi non ce l’ha. Adesso vedremo che succederà con la legge elettorale, con il prossimo responso della Consulta riguardo all’ammissibilità dei referendum sul jobs act e sui voucher, proposti dalla Cgil e con le varie manovre dei partiti. L’augurio che mi sento di farvi e di farci non è, come diceva Golda Meir, di non avere difficoltà, ma di poter affrontare e superare le difficoltà. Ne abbiamo tanto bisogno. Buon anno.

sabato, dicembre 10, 2016

La sovranità appartiene al Popolo (con la maiuscola)


"La sovranità appartiene al popolo". O si sta in questo assunto, che è al secondo capoverso dell'articolo 1 della nostra Costituzione, o si va poco lontano. Il popolo ha agito la propria sovranità - con il voto del 70% del corpo elettorale, un dato impressionante, se paragonato non dico alle ultime consultazioni referendarie, ma alle ultime elezioni - e ha respinto la proposta di riforma costituzionale del governo Renzi. Alle 23 del 4 dicembre si sono viste le prime proiezioni; alle 24 e poco più, Matteo Renzi ha annunciato urbi et orbi le proprie dimissioni. Una mossa già studiata? Quindi, Renzi sapeva? Quindi, ha continuato consapevole nella estrema personalizzazione della campagna elettorale, che gli analisti ritengono sia una delle cause della sconfitta? Quindi, è proprio avulso dalla realtà (che è un dato molto negativo per chi fa politica, termine che significa azione nel mondo). Non faccio questione di posizionamenti. Né commento l'operato di chi, come se niente fosse accaduto, continua a magnificare le riforme bocciate dal voto, così come di chi ragiona, in modo disparato, sugli scenari del dopo referendum. Vedremo. Sicuramente, a seguito del 'no' il crollo delle borse, l'impennata dello spread, e neanche una biblica invasione delle cavallette si sono verificate. Siamo seri, diceva un mio amico. Sicuramente, la gente non è prendibile per il naso oltre un certo limite. Sicuramente, quelli che il 'sì' era l'unico modo perché ci fossero futuro, speranza etc. ora dicono che il voto popolare ha sbagliato. Sarà, ma la democrazia e il suffragio universale così funzionano. Il prevalere del 'no' in questa misura non è ascrivibile a nessuno dei soggetti che si sono espressi, che siano Lega, 5 Stelle etc... E’ stato un pronunciamento variegato e popolare, in cui c'è anche molta sinistra che ha difficoltà a trovare una rappresentanza partitica, ma che qui si è ritrovata. Vedremo che accadrà, ma, in ogni caso, 'la sovranità appartiene al popolo', non ai Renzi di turno.

sabato, novembre 26, 2016

Dobbiamo credere nella democrazia


Sembra che la vita stia diventando sempre più difficile. A poco servono le dichiarazioni di ottimismo, quando la realtà è dura e pesante e non sembra che ci siano spazi. Anche la natura sembra matrigna: il terremoto, le esondazioni. Se appena guardiamo al di là dei nostri confini, troviamo disastri, guerre, morte.
Un cupo cupio dissolvi? No. Noi sappiamo che tutto questo potrebbe essere arginato. Sappiamo che la natura non è crudele, semplicemente è, e i suoi scossoni e le sue intemperanze, oggi, potrebbero essere contenute e gestite. Semplicemente, almeno in Italia, non lo facciamo, o almeno non lo facciamo abbastanza. Poi c’è il coraggio straordinario di chi, come gli allevatori e gli agricoltori colpiti dal terremoto, sfidano intemperie, disagi, freddo e pioggia, ma non abbandonano terre e animali, perché la vita è lì e da lì deve ripartire. Speriamo che non ci siano state risate soddisfatte nella notte, come fu per L’Aquila. Poi abbiamo gli Usa che hanno votato Trump, e a me, ora, interessa sottolineare che questi è sempre stato un nemico acerrimo dei limiti alle produzioni inquinanti, alle regole comuni eccetera. Speriamo che non vengano azzerati i pochi, faticosi passi fatti in questa direzione negli ultimi anni, perché il riscaldamento globale è un dato di fatto e i disastri naturali - inondazioni etc… - ne derivano in gran parte. Poi vedremo come inciderà la sua presidenza sullo scacchiere politico e militare mondiale. Intanto, negli Usa temono le persone di colore, i membri della comunità Lgbt, i non cristiani, gli anziani, i malati e i bambini, l’ambiente e gli animali, i disabili, il sistema giudiziario e la stampa libera, i poco istruiti, i poveri e le donne, soprattutto le donne. Guardate che, tutti insieme, sono tanta tanta gente.Ma Trump è stato liberamente eletto, non c’è dubbio. Se crediamo nella capacità di discernere e di capire della gente, crediamo nella democrazia. A volte possono esserci defaillances. A volte, la gente segue chimere, richiami “di pancia”, paure, egoismi. Ma dobbiamo credere nella democrazia. Altrimenti saremmo per l'oligarchia e per la dittatura. E, prima o poi, “finally the tables are coming to turn”.

sabato, settembre 10, 2016

Scusate se insisto


Mi sembra che, in Italia, si oscilli sempre tra due poli. Da una parte, la fiducia nello 'stellone', icona che brilla nei nostri cieli (e a cui si ispirano tanti discorsi vanamente e stupefacentemente ottimisti che si ascoltano oggi); dall'altra, il destino cinico e baro cui imputare difficoltà, incapacità, problemi, disastri. Difficilmente si analizza la situazione e ci si assumono le responsabilità del caso. Ora, vediamo un po': tutti i Paesi del mondo cosiddetto sviluppato, e a caduta gli altri, hanno dovuto fronteggiare la crisi, gli effetti della globalizzazione, i nuovi modi di produzione eccetera. Eppure, altri stanno reagendo molto più e molto meglio di noi. Perché il sistema politico è bloccato? Perché mancano le riforme istituzionali? Ma va. Prendiamo la Spagna: ha attraversato una crisi terribile, è senza governo, eppure va, va bene. Per non parlare del Belgio: un anno e mezzo senza governo e senza ripercussioni a livello economico. E poi: ma di che parliamo? Riforme? Non sono bastate la riforma delle pensioni, il pareggio di bilancio in Costituzione, l'abolizione dell'art. 18, lo smembramento dello Statuto dei lavoratori, il precariato dilagato a macchia d'olio ... cosa manca, ancora? Ah già, la riforma costituzionale. Cioè, mi si viene a dire che il Paese ripartirà se aboliremo le Province, il Cnel e se non voteremo più per eleggere i senatori, che saranno ulteriormente nominati provenienti da tutt'altra esperienza politico amministrativa, sempre tra di loro, comunque, sempre quel 'cerchio magico'? Ma fatemi il piacere. Signori, siamo seri. O, almeno, proviamoci.

sabato, settembre 03, 2016

Ciò che è possibile, e ciò che non lo è


Il nostro è un Paese terribilmente sismico. Lo sappiamo da molto, molto tempo. Ancora prima degli studi sismologici, i terremoti che da sempre scuotono il Belpaese ne sono la riprova. Il terremoto è un fatto spaventoso: esce dalle viscere della terra, con un boato enorme. Sembra incontrollabile, e nei fatti lo è. Ma possiamo difenderci, come per tutti i fatti di natura, come le piogge torrenziali, le piene etc. Oggi ci sono strumenti per mettere in sicurezza edifici pubblici e privati, lo abbiamo visto: paesi a poca distanza dall'epicentro che hanno subìto pochi danni e nessuna vittima, dopo le opere di messa in sicurezza degli edifici.
Perché altre amministrazioni locali non lo hanno fatto o lo hanno fatto in modo totalmente insufficiente? E perché lo si fa a cose fatte? Belice, Irpinia, Umbria, L'Aquila, Emilia e ora Marche: una serie infinita. Lutti, distruzioni: un dolore enorme. Eppure gli strumenti ci sono. Non ne possiamo più di promesse e rassicurazioni. Possiamo solo sperare che nessuno, questa volta, rida per l'occasione di facili ed enormi guadagni.
Sosteniamo il desiderio delle popolazioni che vogliono rimanere ad abitare lì, in quelle zone, in quelle montagne, che sono il dorso del nostro Paese: sarebbe terribile che venissero abbandonate. Sarebbe il definitivo degrado di un territorio montano e semi montano, già a grave rischio. Che non si ripeta la vicenda aquilana, con le costosissime 'casette' di cui stanno crollando componenti. Sarà un bel banco di prova per i prossimi governi. Vigiliamo. Un grande piano nazionale di messa in sicurezza delle zone a rischio idrogeologico e sismico potrebbe garantire piena occupazione per decenni, innescando, sicuramente, un percorso di crescita economica. Il fatto che ciò possa accadere, è un'utopia? Sì, oggi è ancora una utopia.

sabato, luglio 23, 2016

G8 di Genova, 15 anni dopo


21 luglio 2001, G8 di Genova, sono passati quindici anni. In quel mese estivo, nella città ligure, si incontravano i Paesi membri del G8, e il movimento no global, o per meglio dire il Genoa Social Forum, organizzò una grande manifestazione. In pochi, forse, se lo ricordano: vi parteciparono oltre trecentomila persone. Un movimento variegato, composto prevalentemente da associazioni appartenenti al terzo settore, percorse le vie della città; molti ragazzi e molte ragazze ebbero lì la prima esperienza del manifestare in piazza. C’erano i sindacati, gli studenti, insegnanti, sacerdoti, suore, la chiesa evangelica, i valdesi, legambiente, giuristi, medici, famiglie intere...
A rileggere oggi i temi della protesta contro gli otto grandi del mondo, sorgono molte domande. Si criticavano la globalizzazione, il liberismo sfrenato, il predominio della finanza, individuando i pericoli che ne sarebbero conseguiti: crisi finanziaria, disoccupazione, impoverimento. Si gridava a gran voce contro la minaccia di un futuro incerto per le giovani generazioni. Contro le lobbies economiche e finanziarie in grado di condizionare i governi, contro la corruzione. Contro una politica estera verso il medio oriente e il nord Africa, che già a quel tempo appariva sbagliata e pericolosa.
Poi purtroppo i fatti tragici, gli scontri, le violenze fuorviarono e raccontarono un’altra storia A mio parere il G8 di Genova rappresenta uno spartiacque: c'è un prima e un dopo G8, e niente è stato più come prima.
Pensiamo a quanto è avvenuto dopo: la finanziarizzazione dell’economia che ha portato alla crisi del 2007-2008, in cui siamo ancora sprofondati; la globalizzazione ha accentuato lo smantellamento del welfare. La politica ha dato una prova di sé sempre peggiore: corruzione e prevalere degli interessi delle varie lobbies, piuttosto che dell’intera comunità. Certamente, oggi, il futuro dei nostri figli appare sempre più incerto e difficile.
Forse avevano ragione quei ragazzi, quelle donne e quegli uomini di quel variegato movimento di pensiero.

venerdì, luglio 15, 2016

A chi giova?

Scrivo sotto l'impressione di quel camion che, a Nizza, massacra una folla di persone che guardavano insieme lo spettacolo dei fuochi artificiali. Sono morti tanti bambini, una cosa terribile. Era la sera del 14 luglio, anniversario della presa della Bastiglia nel 1789, data simbolo dell'inizio della grande Rivoluzione francese. Sì, proprio quella che ebbe come parole guida libertà, eguaglianza, fraternità. E pazienza se la stessa rivoluzione non sempre abbia rispettato quei valori: da allora sono imprescindibili, per adesione o per contrasto. Sarà voluta, questa coincidenza di date? È probabile. Oppure, più semplicemente, si è pensato che, in quella situazione, la strage sarebbe stata rapida, certa e massiccia. Quello che più sconcerta, in questo caso, è che la strage avrebbe potuto compierla chiunque, senza bisogno di un addestramento militare: bastava saper guidare un camion. Un atto terroristico compiuto da un francese di origine magrebina, probabilmente animato da un risentimento individuale, personale, permeabile alla propaganda paranoica di odio dello Stato islamico. Non una guerra da vincere, la sua, ma odio verso l'umanità, e assenza di spirito di autoconservazione. Qualcosa che per noi è incomprensibile. Ora come reagiranno i governi occidentali? Parole di fuoco, maggiori controlli, giro di vite eccetera? Pare chiaro che pattugliare, controllare, riempire di uomini armati fino ai denti aeroporti, stazioni e luoghi simbolo non è sufficiente. Governi liberticidi e fortemente autoritari, in altre parti del mondo, utilizzando controlli feroci non ce l'hanno fatta a bloccare il terrorismo. Facciamocene una ragione: reprimere non basta. E neppure serve prendersela con quelle folle di disperati che fuggono dalla fame, da torture e da guerre provocate dagli stessi che uccidono qui. Chiediamoci, come gli antichi: a chi giova? Chi c'è dietro? Non farebbero meglio, i governi occidentali, a rompere i rapporti politici ed economici con chi è noto che foraggi e finanzi i terroristi? Questa, ahimè, è la vera utopia. Se non si parte da qui, si capisce poco. Il timore è quello di giungere allo scontro di civiltà, e a questo punto l'Isis avrebbe raggiunto il proprio scopo, avrebbe vinto. Anche per questo, e non solo, sarebbe giusto e importante attendersi una reazione di forte dissociazione da parte dell'islam moderato.

venerdì, giugno 24, 2016

E le Stelle (non) stanno a guardare

Trovo che sia troppo riduttivo, nei confronti di Matteo Renzi, lo sprezzo che molti stanno esprimendo nei suoi confronti dopo la sconfitta subita dal Pd alle amministrative. Insomma, l'uomo non è un semplice bulletto di paese. Certo, ha fatto di tutto per esporsi ad attacchi vendicativi, dal punto di vista del linguaggio e dei comportamenti (i gufi, i professoroni... ciaone non lo ha detto lui, ma insomma...). E nelle azioni (i precari, gli insegnanti, i sindacati, i magistrati...), di fatto ha più diviso che unito il Paese. Renzi ha inteso e intende la politica come una scommessa, un giro di tavolo, e ha perso questa mano. Una mano importante. Aveva puntato, per mantenere il consenso nonostante una serie di misure per cui molti lo combattono aspramente, sulla ripresa. Il Paese, invece, è ancora in grande affanno, e le battute non bastano più. L'uomo è ricco di risorse, soprattutto mediatiche, e penso che, in qualche modo, saprà cavarsela. Non mi è piaciuto, comunque, l'aver gettato addosso ad altri la responsabilità della sconfitta: a chi è ancora troppo 'vecchio', troppo legato a schemi passati. Caro dottor Renzi, questa poteva risparmiarsela: perché, Berlusconi, che lei ripescò, è un uomo nuovo? E che novità comporta Denis Verdini?
Sarò vecchio anch'io, ma ammiro tanto quei comandanti di una volta, che si vedono nei film, i quali, di fronte ad una sconfitta, dicono 'mi assumo io tutte le responsabilità!' (vedi Cameron dopo Brexit). Una cosa, comunque, è certa: chi governa in questo momento il Paese lo fa sulla base di un consenso spurio e, soprattutto, non di scopo: il 'famoso' 40 per cento. Dirò di più: con l'Italicum cucito sul risultato, appunto, delle Europee, oggi il Pd sarebbe all'opposizione. Prevedo topi in fuga dalla nave che affonda. Dopo le amministrative, abbiamo molte città importanti in mano a personalità politiche fuori dai soliti schemi: la conferma De Magistris, le novità Appendino e Raggi. Il Movimento 5 Stelle ha una grossa carta in mano: non dovrebbe sprecarla. Però, cara sindaca Raggi, magari non nomini assessore Lo Cicero, che straparla, offende e assale i giornalisti... via, cominci meglio!

sabato, giugno 04, 2016

Ma quale antipolitica, chi offre un orizzonte credibile vince

Non era già abbastanza complicato il clima politico del nostro Paese, che si sono aggiunte le elezioni amministrative della scorsa settimana. Una cosa è certa: la fedeltà al voto è ormai cosa preistorica, nel nostro Paese. Abbiamo ormai un voto ondivago, a volte bizzarro, spesso governato dagli impulsi del momento. Vengono in mente le celeberrime parole di Iva Zanicchi su Berlusconi: “beh, proviamolo!”. Forse l’esempio non è dei migliori per giudicare del buon esito di un atteggiamento simile, ma mi pare che, spesso, si vada in questa direzione. Una cosa è certa: non si può più liquidare il Movimento 5 Stelle come un fenomeno-meteora, un moto protestatario, una jacquerie. L’impressione è che il 5 Stelle si sia creato un radicamento sociale, molto spurio, molto diversificato, a cui si rivolgono persone di tutti i ceti e origini ideali, con l’evidente intento di cambiare. Dare uno scossone, svoltare. E a poco vale che le esperienze nei Comuni che stanno amministrando: Livorno, Parma, non siano particolarmente felici (a onor del vero va detto che le situazioni ereditate non erano certo delle migliori). Inoltre, si sta facendo avanti un ceto politico pentastellato, preparato, capace di guadagnare la scena, al di là di Beppe Grillo (Toninelli, Di Battista, Di Maio...).
E che dire del vincitor d’ogni tenzone, Matteo Renzi? Il Pd ha subito un’innegabile emorragia di voti. Forse, la vera illusione è stato proprio quel 40% delle europee, che – attenti – è l’unica legittimazione, a oggi, del governo Renzi. Quest’ultimo, passato dal dire che “non abbiamo vinto, ma neppure perso” a minacciare l’uso dei lanciafiamme nei circoli Pd “correntizi”, ha ancora qualche coniglio nel cappello? Lo spernacchia, adesso, anche Confcommercio, sulla questione degli 80 euro da restituire. E si ha un bel dire che sia finito il bipolarismo: mi domando quando ci sia mai stato. È vero o no che le misure più radicali in senso liberista, nel nostro Paese, non le ha messe in atto Berlusconi, ma Monti e poi Renzi? Dov’è mai stato, allora, il bipolarismo? Negli ultimi anni hanno prevalso il rigore dei tagli (tanti, certi e lineari), la navigazione a vista, il barcamenarsi a seconda dei risultati dei sondaggi. Chi vuole una visione, vada al cinema, si diceva anni fa. Mamagari qualche idea, qualche paletto, che non sia solo a carattere punitivo, ma propulsivo, qualche orizzonte datecelo.

sabato, maggio 28, 2016

Me ne assumo la responsabilità...

Notavo, in questi giorni, che uno degli sport più diffusi, tra i politici, ma non solo, è la schivata rispetto alle
responsabilità. Fateci caso: dalla recessione, alla debacle produttiva, agli scandali bancari, ai disastri ambientali, passando per la voragine sul lungarno a Firenze, il refrain è “non resterà impunito!”, “troveremo
i responsabili!”, “non lasceremo niente di intentato!”. Mai che si dica - sicuramente rarissimo - "Me ne assumo la responsabilità". Un tempo, ci si dimetteva per un disastro, per uno scandalo, persino (!) per una sconfitta elettorale. Sull'etica della responsabilità si fondarono le civiltà antiche: Socrate, Solone, Catone, Bruto. Nel Novecento, l'etica della responsabilità ha avuto un grande spazio. È stato il secolo dei totalitarismi, e della vittoria di chi vi si oppose. Chi si oppose, lo fece -anche - in nome dell'etica della responsabilità. Ma il Novecento, si dice, è da rottamare. Già. Peccato che si rottamino questi uomini, queste donne, queste storie, e si conservino, del Novecento, alcuni tratti: il trasformismo. Il populismo. Il “tengo famiglia”. L’uso privato della cosa pubblica. Il gioco delle tre carte. Le pratiche di Lauro (un voto, un pacco di spaghetti). Altro che etica della responsabilità: qui si parla di... Non so, non trovo paragoni.
Pulcinella è una maschera colma di dignità al confronto.

sabato, maggio 21, 2016

Le ciliegie maturano a giugno

Le promesse, come le ciliegie, arrivano di primavera. E, come le ciliegie, nella primavera elettorale arrivano le rassicurazioni- choc: dal 2017, meno tasse al ceto medio! Flessibilità in uscita per le pensioni! E poi, san Giorgio parte, lancia in resta, contro il drago: nel 2018 verrà abolita Equitalia! Bene! Domanda sommessa: come, con quali risorse? Cosa significa l’abolizione di Equitalia, al di là dell’annuncio-bomba: che i debiti pendenti con lo Stato verranno azzerati? Non credo proprio. Quindi, ci sarà un altro soggetto che reclamerà il dovuto: e allora? Dove sta il vantaggio? Ce lo fate sapere? L’equazione è semplice: se diminuiscono le tasse, o si trova il modo di compensare questo minore introito, o si diminuiscono i servizi pubblici. Si parla dell’estensione degli 80 euro ai pensionati, bene! Però, 80 euro, a fronte di una sanità che sempre più deve essere pagata dal cittadino, che cosa sono? E difatti, le persone si curano meno: una notizia scioccante, passata nel silenzio dei più, è quella apparsa poche settimane fa, secondo cui, per la prima volta nella storia d’Italia, l’aspettativa di vita degli italiani è in calo. Lo ha affermato il rapporto Osservasalute, secondo cui il fenomeno è legato ad una riduzione della prevenzione. In realtà, ci sarebbe il modo di compensare una riduzione delle tasse di coloro che pagano, pagano sempre, pagano tanto: intanto, smantellare i meccanismi della criminalità organizzata, di gran lunga la maggiore industria italiana, illegale e sommersa, spesso collusa con il potere politico. Combattere gli sprechi, il malaffare, la corruzione che fa lievitare i costi di qualsiasi opera: non passa giorno che un amministratore pubblico non venga indagato. Ma queste non sono ciliegie da cogliere nella primavera elettorale. Hai voglia di proporre il voto anche il lunedì: vedremo in quanti andranno a votare, nelle prossime consultazioni. L’abbandono progressivo del diritto di voto è molto pericoloso, e è dovuto ad una crisi di credibilità della classe politica come poche altre volte si è verificata. Ma è primavera, e le promesse vengono una dopo l’altra, come le ciliegie. Speriamo che non diventino nespole.

sabato, maggio 07, 2016

Il nostro petrolio

Abbiamo parlato molte volte, su queste pagine, del tesoro d’Italia, del nostro vero petrolio: il paesaggio,
i luoghi d’arte, la cultura declinata non solo come letteratura, poesia, architettura, musica, ma anche riguardo ai cibi tipici, alle particolarità gastronomiche, ai cultivar particolari. E, altrettante volte, ci siamo – a giusta ragione – lamentati: per l’incuria, per il degrado, per l’indifferenza con cui vengono trattati, molto, troppo spesso, questi nostri tesori. La nostra storia, le bellezze naturali, la buona cucina: come valorizzarli?
Ebbene, qualcuno ci sta provando, attraverso la formazione delle giovani generazioni, che possano anche trovare, in questo ambito, possibilità di occupazione. E così, alcune Università hanno attivato corsi di laurea sull’enogastronomia e, in generale, sulle scienze collegate alla gastronomia e alla ristorazione: ve ne sono a Roma, a Padova, a Bari, a Parma, a Torino. Ma ora, c’è di più: a Termoli, l’università del Molise ha creato un corso di laurea in enogastronomia e turismo. Un ciclo di studi, in comunicazione con le aziende del territorio e le associazioni di categoria, che tiene insieme arte e gastronomia, storia e cibo, turismo e scoperta delle particolarità dei territori. Sono presenti anche insegnamenti collegati al marketing, alla comunicazione, a materie economiche e socio-umanistiche. Mi pare una bellissima idea, anche perché è nata nel Sud, una realtà che troppo spesso passa per essere spenta ed arretrata... Mi pare che sia questo, ciò che necessita al nostro Paese. E, a proposito: la Lombardia non è seconda a nessuno, quanto a paesaggio, arte, gastronomia e vini. Che dite, potrebbe essere un’idea per Cremona?

sabato, aprile 23, 2016

La rassegnazione

Ha ragione Federico Centenari, quando mi dice: “Sai, quando vado in centro osservo sempre le persone che incontro. Lo faccio da anni, guardo le loro facce, osservo i commercianti davanti ai negozi, la gente che percorre le vie. Mi fermo a parlare e raccolgo le loro lamentele. Sui loro volti non leggo tristezza né tanto meno rabbia, vedo piuttosto smarrimento, o, per meglio dire vedo la rassegnazione”. Giacomo Leopardi equiparava la rassegnazione ad una immobilità non ragionata. E ancora: “Dall’abito della rassegnazione sempre nasce noncuranza, negligenza, indolenza, inattività, quasi immobilità”. Che parole profetiche, verrebbe da dire. Marcel Proust scriveva che la rassegnazione, modalità dell'abitudine, permette a certe forze di accrescersi indefinitamente. Forse è proprio così. Una di queste forze, di cui parla Proust, una forza che cresce indefinitamente è a mio parere il risentimento. Sempre più spesso si assiste ad un senso di animosità verso gli altri, anzi, verso il mondo in generale. Pessimi sentimenti covano sotto la cenere.
sentimenti molto negativi. Anche Cremona ne soffre, pur essendo una città prevalentemente addormentata, sicuramente rassegnata, spesso genuflessa. Molti si lamentano, da sempre. E è da sempre che ascolto la solita litania: basta con certe dinamiche, non se ne può più di certi equilibri che imprigionano la città e che la rendono impermeabile, basta con le oligarchie, con le trame raccontate dai soliti registi… dobbiamo fare, dobbiamo dire. “Mo dimo, mo famo”, direbbero a Roma. E ancora, in molti vorrebbero cambiare le cose, salvo poi realizzare che questo costa fatica, esposizione in prima persona, rottura di antiche e consolidate dinamiche di convenienza oltre che di convivenza sociale. E, siccome la rassegnazione sta al coraggio come il ferro sta all'acciaio, quasi sempre, tutto finisce li. Anzi, finisce nella solita esortazione: “Intanto vai avanti tu... che a me vien da ridere”.

sabato, aprile 16, 2016

La trasgressione

di Daniele Tamburini
Quando ero ragazzino, trasgredire era, oltre che disubbidire alla mamma, riuscire a comprare in un bar un “boero”: il cioccolatino con dentro la ciliegia e ripieno di liquore. Lo si prelevava dall’espositore posto sul bancone del bar. Ricordo che furtivamente scartavo quella carta rossa e, finalmente, potevo gustare quel liquore, altrimenti severamente proibito per un ragazzino di dieci anni. Le prime volte soffrivo di quel piccolo senso di colpa che risiedeva non tanto nel gesto in sé, ma nella volontà di volerlo compiere. Poi, preso atto che non c’erano conseguenze, il senso di colpa svaniva. Se poi trovavo nella confezione la scritta: “hai vinto un boero”, altro che senso di colpa! ero pieno di soddisfazione. Per me, sospeso tra l’esser bambino e adolescente, l'atto ribelle e trasgressivo era forse il primo passo verso la conquista di una personalità propria, della capacità di discernere tra bene e male. Divieto e trasgressione, infatti, fanno parte da sempre di complessi apparati filosofici e morali, per non parlare dei sistemi di fede. La trasgressione, diceva il filosofo Bataille, “sospende il divieto senza eliminarlo. Qui si cela la molla dell’erotismo, e qui ugualmente si cela la molla di ogni religione”. Il divieto permane: alcuni tabù sono costitutivi della civiltà per come la conosciamo; l’apparato della legge mosaica, che il cristianesimo ha sussunto e sviluppato, consta di molti divieti, ripetuti ossessivamente (non uccidere, non desiderare la roba d’altri, non rubare …). Il divieto a comportarsi male deriva, anche se non si è religiosi, dalla propria legge morale, dall’osservanza delle leggi, dal senso civico. Il divieto comporta, se lo si trasgredisce, una sanzione, un’ammenda, una punizione: è così. Quando però vengono a mancare legge morale e senso civico, e si è convinti dell’impunità, ecco che dalla trasgressione si giunge al comportamento truffaldino. E il senso di impunità deve essere tale, che non ci si cura neppure del fatto che la magistratura e le forze dell'ordine colpiscano duro, con tutti i limiti, temporali e in termini di efficienza, del “sistema giustizia”. Non è mia intenzione condannare nessuno: ognuno se la veda con la propria coscienza. Ma, a questo proposito, poiché il senso civico, nella nostra repubblica, ha come fari la Costituzione ed il sistema democratico, io vi dico che, domenica, andrò a votare al referendum. E invito anche i miei lettori a farlo. Andate, esercitate il diritto di voto: che votiate “sì” o “no” non importa, ma siate cittadini consapevoli.

sabato, aprile 02, 2016

Sempre più in basso

di Daniele Tamburini
La famiglia, si sa, è importante. Lo è in particolare nel nostro Paese. Sappiamo bene che persino l’ossatura del nostro sistema produttivo si è basata e forse si basa ancora sul modello familiare o familistico che dir si voglia. È la forza del Paese: lo hanno ripetuto per anni autorevoli studi e importanti commentatori. E’ diventato quasi uno stile, quando non uno stigma. Abbiamo anche capito che questa dimensione, radicata e forte, portava con sé lati negativi: una certa provincializzazione, una certa riluttanza ad affrontare le sfide dell’innovazione e della globalizzazione. Fin qui, ci muoviamo su un terreno quantomeno molto dignitoso. Poi, però, si è rischiato e si rischia di scadere nel vieto modello “tengo famiglia”: un ombrello riparatore sotto il quale si celano e si giustificano mezzucci, manfrine, varie mani del gioco delle tre carte. Sinceramente, ancora mi mancava “tengo un fidanzato”. Un fidanzato ancora non è proprio famiglia, o forse sì, nell’epoca della “famiglia liquida”, ma che c’entra, meglio premunirsi per un futuro roseo. E, se si è nel posto giusto, invece che aderire ad una assicurazione sulla vita o accendere un mutuo o pensare alla divisione dei beni, cosa prevedere meglio di un piccolo, piccolissimo emendamento ad una legge – che poi, dire “ad una legge” è anche riduttivo: si trattava della legge cosiddetta “SbloccaItalia”, che il governo varò con grande fanfara – e oplà, il fidanzato è a posto. Quel che fa più male, oltre al solito rammarico per un’immagine dell’Italia cialtrona, corrotta, venduta, è che la ministra in questione venisse da Confindustria: da quell’organizzazione, cioè, che molto e seriamente si è battuta e si batte per tutelare gli imprenditori in difficoltà per via dei taglieggiamenti e dei ricatti subiti da parte della criminalità organizzata. Allora, che significa questo? E’ davvero il potere che corrode? È l'aria del Palazzo che è mefitica? Adesso le opposizioni chiederanno le dimissioni del governo. Saranno respinte. Io penso che, più di un nuovo governo servirebbe una grande riforma morale, e pure servirebbe che i cittadini potessero scegliere liberamente i parlamentari e non delegare la scelta ad un leader di partito. Servirebbe pretendere onestà nelle istituzioni. Perché a volte la colpa è di chi applaude, non di chi recita. Oggi in tanti continuano ad applaudire, facendo finta di non vedere, magari perché “tengono famiglia”. Non so voi, ma io sono stanco, sono stufo, sono fortemente deluso. Francamente non ho più voglia.